martedì 17 giugno 2014

Un po' birraio, un po' poeta, un po' filosofo: Giovanni Campari il #BirraioInSalotto del mese al Baladin

Cari aficionados, scusandomi per il blackout di BirraNotizie delle ultime due settimane, esattamente a due martedì di distanza, vi regalo le cronache del sesto appuntamento “In salotto col birraio” nella cantina di via Solferino. Ospite del Baladin Milano, Giovanni Campari del Birrificio del Ducato.

Giovanni Campari del Birrificio del Ducato
L'alchimista parmense è uno dei birrai della cosiddetta “seconda generazione”. 37 anni, una laurea in Scienze e Tecnologie Alimentari, ha mosso i primi passi come homebrewer, ma la sua “palestra” è stato il Birrificio Italiano di Lurago Marinone, dove s'è formato per cinque lunghi mesi da umile stagista alla corte di Agostino Arioli.

Campari ha confidato la propria visione di un “mestiere che è molto più mestiere... è una forma espressiva”, conquistando la platea con grande trasporto comunicativo. Un po' poeta e un po' filosofo, insomma, il mastro birraio del Ducato è fra i più apprezzati del panorama nazionale grazie a una caratteristica che è anche il suo punto di forza: la capacità di affrontare a 360 gradi lo scibile degli stili birrari - dalle birre acide alle belghe, dalla bassa fermentazione a quella spontanea - ottenendo risultati sempre ad altissimo livello (tanto da contendersi sul filo di lana la palma del migliore con etichette "top" come Baladin).

Il pubblico nella cantina di via Solferino
“Ogni nuova produzione – ha raccontato – è una nuova scoperta, è divertimento e al tempo stesso emozione. Non sempre la strada giusta la s'imbocca al primo tentativo, l'incontro con nuovi sapori, il fatto di ritrovare nel bicchiere sensazioni organolettiche spesso sepolte nella memoria,  guida l'ispirazione. Poi occorrono tecnica e creatività: per questo sovente, nel creare una nuova birra, mi lascio anche influenzare dalla musica o dalla letteratura”.

I primi esperimenti col fermentatore di Giovanni Campari (“pasticci con le pentole” li ha amorevolmente definiti) risalgono ai tempi dell'Università, un laboratorio utile soprattutto per tradurre nella pratica quanto appreso solo in teoria nelle aule accademiche. “La prima volta che Kuaska (Lorenzo Dabove, considerato il massimo esperto italiano del settore, ndr) ha assaggiato una mia birra m'ha sputato in faccia – ha sorriso Campari trovando la complicità del moderatore Alessio Islaz di Baladin Milano, che ha raccontato d'aver incontrato la medesima sorte - “Il bollito è a Carrù”, ha ironizzato, avendo sentito chiare litolisi”. “Un altro maestro, Agostino Arioli – ha continuato – mi ripeteva in continuazione: “Testù (testone in brianzolo, ndr), s'impara di più a fare cento volte la stessa cotta che a farne cento diverse...”.

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